Campi Flegrei

I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. Si tratta di una zona dalla struttura singolare: non un vulcano dalla forma di cono troncato ma una vasta depressione o caldera, ampia circa 12x15km.

Nel 1538 si è verificata l’ultima eruzione che, pur essendo fra le minori dell’intera storia eruttiva dei Campi Flegrei, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e, nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m. Da allora, l’attività ai Campi Flegrei è caratterizzata da fenomeni di bradisismo, attività fumarolica ed idrotermale localizzata nell’area della Solfatara.

La storia eruttiva dei Campi Flegrei è dominata dalle eruzioni dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano. Questi eventi sono stati così violenti che i volumi di magma prodotti e la velocità con cui sono stati emessi hanno causato collassi e originato caldere. Per questo, la forma dell'area è quella di un semicerchio bordato da numerosi coni e crateri vulcanici.

La parola "flegrei" che deriva dal greco flègo "brucio", "ardo", non è però riferita alle manifestazioni eruttive poiché in epoca romana il vulcano era quiescente da secoli. L’attributo sembra piuttosto derivare dalla presenza di numerose fumarole e acque termali, conosciute e sfruttate fin dall’antichità. Nella zona sono infatti riconoscibili diverse aree soggette ad un vulcanismo di tipo secondario, come fumarole e sorgenti termali. In particolare, nell’area della Solfatara si verificano manifestazioni gassose mentre le località di Agnano, Pozzuoli, Lucrino sono note per le acque termali.

Il fenomeno di bradisismo che caratterizza l'area consiste in un lento movimento di sollevamento e abbassamento del suolo. Le fasi di abbassamento, che attualmente rappresentano la condizione normale, sono asismiche e sono caratterizzate da bassa velocità. Le fasi di sollevamento, presentano invece maggiore velocità del moto del suolo e sono accompagnate da intensa attività sismica locale. L'ultima crisi bradisismica si è verificata nel 1983.

Sulla base dei dati di monitoraggio a oggi registrati e delle valutazioni espresse dalla Commissione Grandi Rischi a dicembre 2012, poi ribadite negli anni successivi fino a oggi, il Dipartimento ha ritenuto di mantenere il livello di allerta “giallo” ai Campi Flegrei. A differenza del livello di allerta “verde”, che corrisponde all’attività ordinaria del vulcano, questo livello è infatti determinato dalla variazione di alcuni dei parametri monitorati.

 

Ogni mese, di norma, il Dipartimento della protezione civile organizza videoconferenze con i Centri di competenza preposti al monitoraggio dell’attività vulcanica sui Campi Flegrei: l’Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e l'Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell'ambiente (Irea) del Cnr-Consiglio Nazionale delle Ricerche. Alle videoconferenze partecipa anche la Direzione generale per il governo del territorio, i lavori pubblici e la protezione civile della Regione Campania.

Sulla base delle fenomenologie e delle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai Centri di Competenza, il Dipartimento della protezione civile dichiara i livelli di allerta e le fasi operative in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Campania, sentito il parere della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico.

All'esito delle videoconferenze il Dipartimento emette un documento in cui vengono riportati gli esiti delle videoconferenze.

Attualmente il livello di allerta per i Campi Flegrei è giallo.

La zona rossa è l’area per cui l’evacuazione preventiva è, in caso di “allarme”, l’unica misura di salvaguardia per la popolazione. È infatti esposta al pericolo di invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone. Sono ricompresi in zona rossa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero; parte dei Comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del Comune di Napoli. Nell'area vivono circa 500mila abitanti.

La zona gialla è l’area, esterna alla zona rossa, che in caso di eruzione è esposta alla significativa ricaduta di ceneri vulcaniche. Per quest’area potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei della popolazione che risiede in edifici resi vulnerabili o difficilmente accessibili dall’accumulo di ceneri Nella zona gialla ricadono i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli. Nell'area vivono oltre 800mila abitanti. 

L'allontanamento della popolazione dalla zona rossa inizia con la dichiarazione della fase di "allarme". Nella mappa sono rappresentate in blu le Aree di attesa previste dai piani di protezione civile comunali, ovvero le aree da cui partiranno i cittadini che scelgono di allontanarsi con il trasporto assistito. Dalle Aree di attesa, i cittadini saranno trasferiti nelle Aree di incontro previste dalla pianificazione nazionale di protezione civile che, nella mappa, sono rappresentate in verde. Da qui raggiungeranno, in nave, treno o pullman, le Regioni o Province Autonome gemellate.

I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica e, come il Vesuvio, presentano un rischio molto elevato per la presenza di numerosi centri abitati nell’area e per la loro immediata vicinanza alla città di Napoli.

La definizione della pericolosità ai Campi Flegrei incontra maggiori problemi rispetto ad altri vulcani. Per la definizione di uno scenario eruttivo è infatti necessario determinare il tipo di eruzione più probabile, con le relative possibili fenomenologie attese, nonché la probabilità di apertura di bocche eruttive in zone diverse, che ovviamente condiziona la potenziale distribuzione dei prodotti sul territorio. Nei Campi Flegrei infatti, a differenza di quanto avviene nei vulcani con apparato centrale, l’area di possibile apertura di bocche eruttive è molto ampia.

Si prevede comunque che una futura eruzione ai Campi Flegrei possa generare diverse fenomenologie, riassumibili essenzialmente nel lancio di bombe e blocchi di grosse dimensioni nell’immediato intorno del centro eruttivo, nello scorrimento di flussi piroclastici nel raggio di alcuni chilometri, nella ricaduta di ceneri e lapilli a distanza anche di molti chilometri. Per quanto concerne quest’ultimo fenomeno occorre considerare che, a differenza del Vesuvio, la città di Napoli si trova sottovento rispetto alla direzione dei venti dominanti e sarebbe pertanto coinvolta.

Il sistema di monitoraggio dei Campi Flegrei, gestito dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesuviano, tiene costantemente monitorati i parametri relativi alla sismicità, alle deformazioni del suolo e alle caratteristiche fisico-chimiche delle fumarole. I dati relativi al monitoraggio dell'area vulcanica dei Campi Flegrei sono trasmessi al Dipartimento e costantemente aggiornati sul sito dell'Ingv – Sezione Osservatorio Vesuviano.

Per il monitoraggio dei Campi Flegrei, sono Centri di competenza del Dipartimento anche l'Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell'ambiente (Irea) del Cnr-Consiglio Nazionale delle Ricerche e PLINIVS – Centro Studi per l’ingegneria idrogeologica, vulcanica e sismica dell’Università di Napoli Federico II – che svolge attività di ricerca sulla vulnerabilità degli elementi esposti ai fenomeni vulcanici.

La storia eruttiva dei Campi Flegrei è dominata da due grandi eruzioni: l'eruzione dell’Ignimbrite Campana - avvenuta 39.000 anni fa - e l'eruzione del Tufo Giallo Napoletano, che risale a 15.000 anni fa. A seguito di queste eruzioni si sono verificati due episodi di sprofondamento che, sovrapponendosi, hanno dato origine ad una caldera complessa che oggi rappresenta la struttura più evidente dell’area flegrea.

Durante l’eruzione dell’Ignimbrite Campana, la più violenta dell’area mediterranea con un volume di magma emesso tra i 100 e i 150km3, le colate piroclastiche hanno sepolto due terzi della Campania sotto una spessa coltre di depositi di tufo. In questa occasione, si è verificato un primo sprofondamento dell’area sovrastante la camera magmatica che ha dato origine alla caldera, successivamente invasa dal mare.

L’eruzione del Tufo Giallo Napoletano in cui il volume di magma emesso è stato pari a 20-30km3 ha provocato la formazione di una caldera più piccola, contenuta all’interno della prima. Negli ultimi 10.000 anni, la parte centrale di questa caldera è stata interessata da un sollevamento di circa 90m, per effetto di un fenomeno di risorgenza che ha condizionato l’attività vulcanica successiva.

A seguire si sono infatti verificate più di 60 eruzioni, prevalentemente esplosive, separate da lunghi periodi di quiescenza. L’ultima - iniziata nella notte del 29 settembre 1538, dopo un periodo di stasi di 3.000 anni - ha generato in pochi giorni il cono di tufo del Monte Nuovo, un monte alto circa 130m sulla sponda orientale del lago di Averno, dove non esisteva in precedenza alcun centro eruttivo.

Oggi l’area flegrea è sede di un’importante attività fumarolica, accompagnata da attività sismica, e del fenomeno del bradisismo, che genera il periodico lento sollevamento e abbassamento del suolo. Le ultime crisi bradisismiche si sono avute nel 1969-1972 e nel 1982-1984 con un notevole sollevamento del suolo e centinaia di terremoti che hanno portato all’allontanamento della popolazione del Rione Terra di Pozzuoli.

Dal 2012 a oggi, le variazioni di alcuni parametri monitorati nell’area della caldera hanno reso necessario innalzare l’allerta al livello giallo e attivare la fase operativa di attenzione.