Lipari

Lipari, la più estesa delle Isole Eolie con poco meno di 38 km2 di superficie, occupa una posizione centrale nell’arcipelago delle Eolie. La forma irregolare allungata in direzione Nord-Sud, è legata ai numerosi centri eruttivi che la costituiscono. I punti più alti sono il Monte Chirica (602 m) e il Monte S.Angelo (594 m) rispettivamente nella parte settentrionale e centrale dell’isola.

Le vicende preistoriche dell’isola sono strettamente legate alla sua natura vulcanica. Nel neolitico raggiunse infatti grande importanza e ricchezza grazie all’ossidiana, un vetro vulcanico che si forma per il rapido raffreddamento di rocce effusive di tipo acido, che rappresentava il materiale più tagliente allora conosciuto e che veniva utilizzato per costruire armi e strumenti di uso domestico quotidiano.

Lipari è un sistema vulcanico attivo e quiescente, come dimostra una debole attività idrotermale nella parte occidentale dell'isola nonché l’occorrenza di eruzioni esplosive/effusive in epoca tardo romana e medievale.

 

La morfologia dell’Isola di Lipari è il risultato di una serie di eruzioni effusive ed esplosive che hanno contribuito alla costruzione degli edifici vulcanici, e di processi di erosione che ne hanno rimodellato i rilievi e la linea di costa. Lipari è la parte emersa di una struttura vulcanica che si estende per circa 1000 metri sotto il livello del mare.

Gli studi geologici di superficie indicano che l’attività vulcanica può essere suddivisa in tre diversi cicli eruttivi, intervallati da periodi di stasi.
All’attività del primo periodo, intorno a 200.000 anni fa, appartengono prodotti sottomarini affioranti prevalentemente lungo la costa occidentale dell'isola.
Dopo un periodo di inattività, iniziò il secondo ciclo eruttivo tra 130.000 e 125.000 anni fa, caratterizzato dall’attività prevalentemente esplosiva di Monte S.Angelo, con l'emissione di lave e piroclastiti dal vulcano di Monte Chirica (Costa d'Agosto). La fine di tale periodo viene contraddistinta da uno sprofondamento vulcano-tettonico che diede origine ad una caldera situata tra la parte meridionale di Lipari e quella settentrionale di Vulcano.
Dopo un ulteriore periodo di stasi dell'attività vulcanica, ebbe inizio intorno a 40.000 anni fa il terzo ciclo eruttivo, caratterizzato da forte attività esplosiva seguita dall’emissione di lava degassata, a cui si deve la formazione dei duomi lavici di Monte Guardia e Monte Giardina, nella parte meridionale dell'isola. A seguito di ulteriori alternanze tra periodi di stasi e attività eruttiva, l'intensa attività esplosiva tra 11.000 e 8.000 anni fa, portò alla formazione nell’estremità nord-orientale dell'isola di grandi depositi di pomice, tra loro separati da una colata di ossidiana affiorante lungo il versante di Monte Pilato.

L'attività vulcanica di Lipari si è conclusa, in epoca storica, tra il 500 e il 1230 d.C., con l'emissione delle colate di ossidiana delle Rocche Rosse e della Forgia Vecchia tracimate dal cono di pomici del Monte Pilato.

Da un periodo incerto compreso tra il VII e il XIII secolo d.C. Lipari si trova in una condizione di quiescenza con manifestazioni vulcaniche unicamente rappresentate da fumarole e sorgenti termali che raggiungono temperature superiori ai 50°.

Una tipologia di rischio indirettamente connesso all’attività vulcanica è rappresentato dai movimenti franosi. Alcuni versanti, infatti, anche in condizioni ordinarie, risultano instabili a causa dell’elevata pendenza dei versanti.

Oltre al pericolo indotto dall’improvviso scivolamento di masse rocciose, un pericolo aggiuntivo può essere la formazione di onde di maremoto dovute all’ingresso in mare di frane di grandi dimensioni.

Le strutture preposte al monitoraggio dell’attività vulcanica sull’isola di Lipari sono la Sezione di Catania e quella di Palermo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
La rete si compone di sistemi di monitoraggio della sismicità e delle deformazioni del suolo. Vengono inoltre effettuate misure e campionamenti periodici di acque e gas.